Chi sono Io?

Chi sono Io?
la via della meditazione e dell'Intensivo di Illuminazione

06 settembre 2012

Il desiderio ardente di Verità

Se vogliamo scoprire chi siamo veramente dobbiamo desiderarlo sopra ogni altra cosa.
"Lascia tutto e vieni a me". Le parole che Gesù disse ai suoi futuri discepoli hanno questo preciso significato.
Perché?
Perché l'unico ostacolo all'Illuminazione è l'identificazione con il corpo e con la mente. Più siamo convinti di essere questo corpo e questa attività mentale (pensieri, ragionamenti, sensazioni ecc.), più sarà difficile scoprire che in verità non siamo nulla di tutto questo, ma qualcosa che è totalmente al di là della materia, dello spazio e del tempo.
Allora, nella misura in cui siamo identificati con il corpo-mente, lo siamo anche con gli infiniti desideri e bisogni. Cibo, sesso, piaceri dei sensi, successo, status, denaro... ognuno di essi rafforza l'identificazione e ci tiene distanti dalla consapevolezza della nostra vera natura.
Ecco allora che se desideriamo scoprire chi siamo veramente dobbiamo desiderarlo sopra ogni altra cosa, che significa mettere da parte ogni altro desiderio, piacere o bisogno, e puntare dritto alla domanda: "Chi sono Io?" senza deviare dal percorso, come una freccia verso il bersaglio.
Ecco una bella storia:
Un grande maestro di tiro con l'arco organizzò una gara tra i suoi allievi per valutare il loro grado di preparazione. Nel giorno fissato, un bersaglio di legno con al centro un cerchio rosso fu legato su un albero ad un'estremità della radura. All'estremità opposta, fu tracciata sul suolo una linea, dietro la quale si piazzarono i concorrenti.
Un giovane avanzò baldanzosamente, impaziente di dimostrare la sua abilità. Afferrò saldamente l'arco e una delle frecce, poi si sistemò in posizione di tiro. "Posso tirare, maestro?" chiese.
Il maestro che lo fissava attentamente gli domandò: "Vedi i grandi alberi che ci circondano?" "Sì, maestro, li vedo benissimo tutt'intorno alla radura". "Bene", rispose il maestro, "torna con gli altri perchè non sei ancora pronto".
L'allievo, sorpreso, posò l'arco e obbedì. Un secondo concorrente si fece avanti. Prese l'arco e la freccia e mirò con cura. Il maestro si portò di fianco all'arciere e gli chiese: "Puoi vedermi?". "Sì maestro posso vedervi. Siete qui vicino a me". "Torna a sederti con gli altri" rispose il maestro. "Tu non potrai mai colpire il bersaglio".
Tutti i partecipanti, gli uni dopo gli altri, afferrarono l'arco e si prepararono a scoccare la freccia, ma ogni volta il maestro poneva loro una domanda, ascoltava la risposta e li rimandava al loro posto. La folla sorpresa cominciò a rumoreggiare. Nessuno degli allievi aveva tirato una sola freccia.
Allora si fece avanti il più giovane degli allievi. Se n'era stato in disparte, silenzioso. Tese l'arco poi restò perfettamente immobile, gli occhi fissi davanti a lui.
"Vedi gli uccelli che sorvolano il bosco?" gli chiese il maestro. "No, maestro, non li vedo". "Vedi l'albero sul quale è inchiodato il bersaglio di legno?". "No, maestro, non lo vedo". "Vedi almeno il bersaglio?". "No, maestro, non lo vedo".
Dalla folla degli spettatori si levò una risata. Come poteva quel ragazzo colpire il bersaglio se non riusciva nemmeno a distinguerlo dall'altra parte della radura? Ma il maestro impose il silenzio e domandò pacatamente all'allievo: "Allora, dimmi, che cosa vedi?"
"Io vedo un cerchio rosso" rispose il giovane.
"Perfetto" replicò il maestro. "Tu puoi tirare".
La freccia solcò l'aria sibilando leggera e si piantò vibrando nel centro del cerchio rosso disegnato sul bersaglio di legno.

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