Ogni essere umano è consapevole di essere, ma sono davvero pochi quelli che sanno chi o cosa sono.
La maggior parte vive identificata nei propri pensieri, sensazioni, emozioni e stati d'animo. Vive dentro un 'sé' separato e in una realtà separata e frammentata.
Quando dico: "Oggi sono triste" dove sono? Sono in colui che prende atto di questo pensiero o sono colui che è triste?
Qui sta la differenza fondamentale.
Entriamo in questa tristezza, e chiediamoci: "Chi è questo io triste? Cosa posso dire di lui?". Nessuna risposta.
Non c'è nessuna risposta perchè in verità non c'è nessun 'io' che è triste.
"Oggi sono triste" è solo un pensiero/stato d'animo, come una nuvola che passa davanti al sole, e non dice nulla di ciò che sono veramente.
Ciò che sono è la conoscenza di questo pensiero, colui che conosce questo pensiero nel momento in cui appare. Allo stesso modo, sono colui che conosce qualunque cosa appare ai sensi. Sono colui che conosce un tavolo, un tramonto, una persona e così via. Non sono gli oggetti della percezione, ma colui che li conosce, che ne è consapevole.
In questo contesto, conoscere è sinonimo di consapevolezza, e non un processo di conoscenza intellettiva.
Altro esempio: se ti chiedo: "come stai?" e tu rispondi "bene", e poi ti chiedo: "chi sa questo?" ecco che sei spinto a voltarti e a guardare il soggetto, colui che sa. E lì, di nuovo, nessuna risposta perchè non c'è nessuno di personale che sa. Non c'è un'identità separata. Eppure tu sai che c'è qualcosa. Lo sai ma non sai spiegarlo. Questo è il 'mistero' di cui da sempre si parla.
Noi siamo sempre questa consapevolezza - siamo solo questa consapevolezza. Ma è vero che non riusciamo ad esserlo perchè ci 'imbrattiamo' di ciò che cui facciamo conoscenza. Non appena conosco la tristezza, mi sento triste, ossia ci entro dentro e mi perdo, confondendo ciò che sono veramente con ciò che sperimento. E' un po' come un bambino davanti ad un barattolo di nutella.
Vivendo così, soffriamo, ci esaltiamo, ci 'innamoriamo', veniamo delusi, ci ritiriamo, ci apriamo di nuovo... come una barchetta sul mare in tempesta, viviamo sballottati da un pensiero all'altro, da un sentimento a quello successivo.
E' qui che giunge l'invito dei maestri e delle vie spirituali: conosci te stesso. Voltati, guarda chi sei, spostati dalla mente all'essere.
Ed è qui che - per mia esperienza - la meditazione è lo strumento principe, perchè quando chiudi gli occhi e porti l'attenzione su questa consapevolezza che sei sempre, scopri un mondo.
Scopri tutte le illusioni in cui ti sei identificato, tutte le buche in cui sei caduto, ma soprattutto divieni consapevole di ciò che realmente sei, ciò che sei sempre senza alcuno sforzo, ciò che non puoi mai perdere, ciò che non viene minimanente mai toccato da ciò che vivi, per quanto intenso può sembrarti.
I maestri la chiamano la via della liberazione, e in effetti è una liberazione da tutto ciò che non sei e che hai creduto finora di essere. Una liberazione dalla sofferenza, dall'illusione e dall'ignoranza.
Non è una via semplice. Spesso ci ritroveremo senza punti di riferimento, fuori dalla nostra zona di confort, soli e vulnerabili, ma è l'unica strada verso se stessi. Chi l'ha compiuta sa che ognuno ha la sua strada ma che tutti andiamo nella stessa direzione, perchè questa Consapevolezza che siamo, è unica per tutti, lì siamo davvero tutti un'unica cosa.
Intrapprendere questa via richiede molto coraggio e un forte e sincero desiderio di voler conoscere se stessi. A volte è la Vita stessa che ad un certo punto - spesso dopo una grande delusione o un grande dolore - ci invita a voltarci, a smettere di guardare il mondo e cominciare a guardare noi stessi.
In ogni caso, l'invito è sempre presente e sta a noi coglierlo.
E qui inizia uno straordinario e meraviglioso viaggio.
Quello che posso dirti - sinceramente - è: comincialo!
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