Ricercatori spirituali forse si nasce, ma soprattutto si diventa.
Le filosofie orientali sostengono che dipende dai meriti delle vite precedenti; se si sono compiuti gesti importanti, se si ha meditato, se si è conosciuto un maestro, allora in questa vita si nasce con una predisposizione alla spiritualità.
Può essere, ma comunque l'elemento più determinante è la scelta. Una scelta consapevole di ricercare ciò che è al di là dell'apparente materia; una scelta che viene riconfermata giorno dopo giorno, perchè il mondo apparente affascina l'ego, distrae la mente, coinvolge i sensi, e non è facile mantenersi sulla via quando tutto il resto sembra andare in altre direzioni.
Lo vedo bene durante gli Intensivi di Illuminazione, dove dopo molti giorni di meditazione e di purificazione le persone sentono cose importanti e fanno scelte profonde per la loro vita. Poi vanno a casa e si trovano ad affrontare difficoltà ben maggiori, perchè un conto è scegliere la spiritualità in un ritiro di meditazione, un conto è a casa di fronte al richiamo affascinante della materia.
Ecco che la scelta diviene il fattore determinante per la ricerca spirituale. Nel momento in cui confermo la mia decisione di perseguire ciò che è spirituale, la materia perde il suo fascino e il suo interesse.
Un po' come le donne di altri tempi che trasportando l'acqua in otri posti sulla propria testa parlavano tra loro ma l'attenzione rimaneva sui vasi colmi, così il ricercatore spirituale cammina nel mondo, apparentemente si coinvolge con esso, ma la sua attenzione rimane sul piano spirituale, alla ricerca di quell'essenza che è dietro ogni cosa.
Mi torna in mente una frase di Gesù: "Siate nel mondo, ma non del mondo". Questa è l'essenza del ricercatore spirituale, una scelta consapevole di ricercare ciò che è immateriale, ciò che è al di là dell'apparente realtà. Una scelta che si conferma ogni giorni, ogni mattina appena svegli e ogni sera chiudendo la giornata. Così facendo, lo sguardo rimane in alto mentre i piedi percorrono questa terra, e allora l'anima troverà la strada per tornare a casa, alla propria vera natura, e la ricerca sarà compiuta.
5 commenti:
Pratico il buddismo di Nichiren Daishonin da 10 anni. Con il Buddismo ho imparato a non cercare lontano. Non sfuggire il vicino. Quante volte abbiamo sentito il peso del nostro presente: faticoso, opprimente, doloroso, inadeguato a noi. E abbiamo sopportato tale peso con l'unico obiettivo di trovarci finalmente altrove per poter stare meglio, lontano da questo presente che ci è capitato come un'ingiustizia, una sfortuna, una strettoia che dobbiamo attraversare il più in fretta possibile. Dal punto di vista del Buddismo, fare così vuol dire buttare via la nostra occasione e continuare a perdere tempo.
Perché è pura illusione, per il Buddismo, considerare i problemi un ingombrante e doloroso accidente da
aggirare o neutralizzare per poi finalmente stare tranquilli. I nostri problemi, tutte le sfide o le difficoltà di cui volentieri faremmo a meno, sono il nostro tesoro. Il nostro unico e inevitabile terreno per sperimentare la
Legge di causa ed effetto di Nam Myoho Renge kyo. La nostra unica occasione di trasformazione e risveglio, per noi e per chi ci sta
accanto. Il karma che noi stessi abbiamo scelto per poter manifestare la Buddità. La nostra missione. Missione. In giapponese il termine usato è shimei, che significa letteralmente "usare la propria vita". Un invito a utilizzare ciò che sta vicino e a non cercare lontano. A mettere in campo i dolori e le speranze che
abbiamo a nostra disposizione, proprio quelli che ci inseguono e sembra ci perseguitino, e farne il nostro punto di partenza.
Hai perfettamente ragione! Leggere questo brano mi ha dato una stretta al cuore: se intraprendi una ricerca spirituale ti ritrovi sempre di fronte a delle difficoltà, se non alla derisione. Ma non dobbiamo scoraggiarci, anzi dobbiamo essere grati per questo, perchè è da queste difficoltà che possiamo avere la certezza di aver intrapreso la strada giusta.
Grazie
In risposta a Valeria, hai ragione. Non bisogna scoraggiarsi, anche quando ci si sente soli, perché soli su questo cammino non si è mai. Si è sempre accompagnati da 'una buona stella' che ci guida nella direzione giusta. Qualcuno lo chiama Dio, altri ispirazione o sensibilità interiore. Non è importante il nome ma il fatto che esiste una direzione dell'energia vitale evolutiva, direzione che io chiamo 'percorso spirituale'.
Auguri per la tua ricerca!
Per Loto del Sole: condivido il tuo pensiero profondo. I problemi sono tali solo perché li chiamiamo e li viviamo così, ma sono sfide che ci aiutano a crescere.
L'obiettivo di un percorso di crescita non è risolvere tutti i problemi, ma imparare ad affrontarli nel modo corretto, perchè, a mio avviso, crescere è avere dei problemi. Solo ciò che è morto non ha più problemi!
Piacere di averti conosciuto e grazie per il tuo prezioso contributo.
Giacomo
è vero, i problemi appartengono ai "vivi". Bisogna impantanarsi però, sporcarsi e vivere, davvero, fino in fondo. L'ostacolo non va temuto per paura di sporcarsi e nemmeno pensare di girarci intorno. La pozzanghera va attraversata. Spesso si pensa che basti leggere un libro "ottimista" per risolvere. Invece ci si trasforma solo in un'ameba rosa positivista. Questa non è "ricerca spirituale", o "rivoluzione umana" (buddisticamente parlando). Non si risolve col buonismo, ma con la vita concreta, imparando che la vita è un campo di battaglia tra oscurità e illuminazione. L'oscurità ci appartiene in egual maniera all'illuminazione e solo dando significato ad ogni attimo del nostro "presente" possiamo dire di essere vivi. «La vita, per noi eterni, è adesso» (E.E. Cummings)
Grazie...
Posta un commento