L'io ama essere impegnato. Dalla mattina alla sera si coinvolge con un'infinità di azioni ed eventi, sul piano fisico, emotivo e mentale. E' il suo modo di sentirsi vivo, di preservare questa vita, di allontanare il pensiero della morte. E' il modo con cui intrattiene se stesso; quando è stanco riposa nel sonno, quando è sveglio ha bisogno di qualche tipo di intrattenimento, di qualche movimento, di qualche azione. Si identifica con il corpo e la mente, e pensa di essere l'agente, colui che fa.
Fino all'Illuminazione pensiamo di essere l'agente, ma una volta raggiunta si realizza che non siamo un'entità che agisce. Qualunque cosa accada, accade da sola. Tutta questa apparenza è solo lo spettacolo o l'espressione della coscienza; è la danza della presenza conscia. Alla fine si realizzerà che non c'è nulla da fare perchè siamo già Tutto.
Come arrivare lì? La cosa che tutti hanno è la convinzione di esistere, la presenza conscia. Occorre partire da questa, dalla sensazione che noi siamo gli osservatori di ciò che accade, di ciò che il corpo-mente vive. La sensazione che il corpo è in un luogo preciso viene dall'identificazione con esso, ma colui che sa che questo corpo è in quel posto è l'espressione più vicina all'Assoluto, ed è il punto di partenza e di arrivo della meditazione. Occorre meditare su colui che sa che il corpo è qui, che ha fame, sonno, sete... colui che osserva i pensieri e le emozioni che vanno e vengono nella mente. Ogni qual volta ci si identifica con un aspetto del corpo-mente occorre fare un passo indietro, tagliare questa identificazione con la lama affilata della domanda: "Chi sta vivendo ciò? Chi è colui che si sta rendendo conto di ciò?" L'io esiste solo perchè siamo identificati con esso; è la nostra energia sotto forma di attenzione cosciente che lo nutre e lo rende reale. Spostando l'attenzione dall'oggetto/evento percepito a chi è cosciente dell'oggetto/evento si stacca questa identificazione, l'io svanisce e ci si stabilizza nell'Assoluto.
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